mercoledì 6 marzo 2013

BEST NEW // Youth Lagoon - Wondrous Bughouse


Genere: Dream-Pop, Psych-Pop
Etichetta: Fat Possum Records
Pubblicazione: 5 marzo 2013
Voto: 8,5


Si è fatto annunciare da due singoli da togliere il fiato, ma noi, memori dell'esaltante esordio con The Year of Hibernation gli avremmo dato comunque cieca fiducia; fiducia che possiamo fieramente dire non sarebbe stata riposta invano dal momento che Trevor Powers, ossia il one-man band dietro Youth Lagoon, ci regala il classico pezzo da novanta dopo un inizio di 2013 generoso di buone cose ma ancora avido di perle. Il cambiamento come pilasto immutabile anche nella crescita artistica del giovane americano che mantenendo quelle peculiarità  innate, prima tra tutte una voce fanciullesca che si direbbe gorgheggiante per natura, sviluppa ora le tematiche così introspettive e profonde dell'esordio, dense di timore, solitudine, amori passati, sogni e speranze, facendole passare in un caleidoscopio che ne altera l'ottica tanto da poter ora affrontare la morte di petto, conscio della sua ineluttabilità e della necessità di apprezzare la vita proprio per il suo carattere temporaneo. Se il dubbio era come convogliare questo ritrovato punto di vista dal lato strumentale allora la scelta di affidare la produzione a Ben H. Allen, già complice dei successi di Washed Out, Deerhunter, Animal Collective, non poteva rivelarsi più azzeccata. Il dream pop avvolto nella foschia di Hibernation assorbe adesso quella luce psichedelica che a fase alterna lo accompagna a più riprese nel nuovo album. Nonostante queste premesse Wondrous Bughouse lascia spazio come prologo ad una Through Mind And Back che sa di soundcheck con il giovane Trevor ad affilare le armi prima di dare inizio alle danze con la quotatissima Mute, secondo singolo dell'album. La traccia ci rivela uno schema che risulterà tanto frequente quanto vincente e che riprende quello di Montana dell'LP d'esordio, ossia la netta ripartizione del brano in tre momenti con l'introduzione vocale, l'intermezzo strumentale e l'apoteosi finale con la voce di Powers che si alza al cielo in un vortice di effetti musicali di grande impatto. Le campane ad accompagnarne la voce celestiale e quel geniale brontolio metallico tra una fase e l'altra ci rendono impossibile riconoscerne il climax. La gioiosa Attic Doctor e la riflessiva ed un po' old-style The Bath ci conducono alla fase centrale, da brividi, con la struttura tripartita che si ripete prima in Pelican Man dove batteria e chitarra la fanno da padrona e poi eccola, accolta da un ipnotico scampanellio, Dropla, e la tematica della morte esorcizzata con un You'll Never Die  ripetuto all'infinito, con quello sprezzo di chi a 23 anni, ha forse trovato la sua strada e non ammette intromissioni. Riprendiamo fiato con Sleep Paralysis, aumentiamo di nuovo i giri con Third Dystopia e poi altra perla con Raspberry Cane in cui tutto il repertorio riemerge a galla: gorgheggi di voce, assolo di piano, cambi di ritmo, sperimentazioni musicali e quella classica melodia, liet-motiv dell'opera, che allo stesso tempo è semplice e maestosa, pulita ed imponente, un fiume che scorre senza artifici ad alterarne un flusso che ci auguriamo, sia ancora lontano da incontrare la foce.













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